Il giorno che sono caduta in bicicletta

12 febbraio 2017

 

Rileggo gli ultimi post e, per ovvi motivi, non ce n’è uno che riesca a superare la bellezza del mio primo giorno in Olanda (questa). Purtroppo, non tutti i giorni riescono ad essere così emozionanti e pieni di disavventure. Proverò ad impegnarmi di più prossimamente ma, nel frattempo, ho un bel racconto da togliere dal cassetto. Un racconto datato 24 novembre, ma che solo ora sono pronta per metterlo nero su bianco: mi sono schiantata in bicicletta.

 

Era un giovedì di novembre…

Avevo deciso da pochi giorni di fermarmi in Olanda più a lungo, quella stessa settimana avevo iniziato a studiare per l’università ed ero particolarmente stanca. Così, per una buona volta, avevo deciso di tornare a casa presto. Con mio stesso grande stupore, alle 17 avevo aperto la porta di casa e mi ero lanciata sul divano – pronta a non alzarmi più per il resto della serata.

Con un tempismo incredibile, pochi minuti mi propongono un ritrovo serale in un posto che io ancora non conoscevo: il famoso De School. Gli amici avevano già avuto modo di conoscermi, e sapevano che avrei ceduto. Infatti, un’ora dopo ero di nuovo in sella alla mia bicicletta.

 

La mamma mi diceva sempre di guardare dove camminavo

Dopo aver fatto tappa a casa di un amico, partiamo insieme per raggiungere il punto di arrivo. E qui, inizia la parte divertente.

Io in testa, lui che mi segue. Io senza conoscere la strada, lui che mi da indicazioni. Non troppo difficili visto che si trattava solamente – almeno per il primo pezzo – di attraversare il parco. Nessun incrocio, niente traffico, nessun ostacolo sulla strada. Eravamo in ritardo, non c’era vento, e quindi ho accelerato.

Nonostante la velocità, continuiamo a chiacchierare – non so ancora bene il perché di questa cosa. Tra l’altro, chiacchierare in realtà significava urlare, vista la difficoltà di comunicazione in movimento.

Ad un certo punto, la domanda fatidica: “Madda, ma tu hai i cambi sulla tua bicicletta?”

E io, in quel preciso istante, decido di non seguire le raccomandazioni della mamma: smetto di guardare la strada e mi giro per rispondere. A piedi l’ho sempre fatto, fin da quando esisto. Ma – evidentemente – non avevo mai pensato che in bicicletta le conseguenze potessero essere peggiori.

 

Una siepe troppo vicina

Sono bastati pochi secondi. Mi avvicino troppo alla siepe a bordo ciclabile, me ne accorgo troppo tardi ma sono comunque fiduciosa che si tratti di sole foglie. Ma sono rami, e il manubrio si incastra. Qualche frazione di secondo dopo riesco a liberarlo, ma l’equilibrio era ormai parecchio instabile. Inizio ad ondeggiare, provo a rimettermi dritta ma la bicicletta è ormai fuori controllo. Probabilmente per via del contraccolpo della siepe, il manubrio si gira quasi completamente e non riesco a bloccarlo in tempo.

In men che non si dica, mi ritrovo a tu per tu con l’asfalto – occupando tutta la ciclabile. La scarpa (cinese) con la quale ho tentato di bloccare la caduta si distrugge, il mio amico riesce a fermarsi miracolosamente a pochi centimetri dal mio corpo, la ragazza che stava correndo nel verso contrario si lancia nel prato quando mi vede arrivarle addosso.

 

Il verdetto finale

La bicicletta ne è uscita (quasi) integra. Il mio ginocchio completamente sbucciato, con la cicatrice che sta scomparendo solo adesso. La caviglia leggermente storta. Le scarpe non più utilizzabili.

Ma posso vantare di un’entrata trionfale in calzini nel bar accanto.

E dell’arrivo zoppicante al mio appuntamento al Comune di Amsterdam, il giorno successivo, per dichiarare la mia presenza in territorio olandese. Ero ufficialmente pronta per far parte del loro mondo.

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